In tema di precisazione e modificazione delle domande nella memoria di cui all’art. 183 co. VI n. 1 c.p.c.,
“ciò che rende ammissibile la introduzione in giudizio di un diritto diverso da quello originariamente fatto valere oltre la barriera preclusiva segnata dall’udienza ex art. 183 c.p.c., e che, quindi, consente di distinguere la domanda che tale diritto deduce da quella riconvenzionale di cui si occupa il comma 5 del medesimo articolo (cd. reconventio reconventionis), è il carattere della teleologica “complanarità”: il diritto così introdotto in giudizio deve attenere alla medesima vicenda sostanziale già dedotta, correre tra le stesse parti, tendere dopo tutto alla realizzazione, almeno in parte, salva la differenza tecnica di petitum mediato, dell’utilità finale già avuta di mira dalla parte con la sua iniziativa giudiziale e dunque risultare incompatibile con il diritto originariamente dedotto in giudizio”.
Alla stregua dei principi esposti anche da Cassazione, SS UU, sentenza n. 12310 del 15 giugno 2015, e Cassazione, SS UU, sentenza n. 22404 del 13 settembre 2018, l’introduzione in giudizio, con le memorie ex art. 183 co. VI n. 1 c.p.c. di domanda “ulteriore” è ammissibile se entrambe (quella originaria e la successiva): 1) si riferiscono alla medesima vicenda sostanziale dedotta in giudizio, intesa come unica vicenda in fatto che delinea un interesse sostanziale; 2) sono attinenti al medesimo bene della vita (tendenzialmente inquadrabile in una pretesa di contenuto patrimoniale); 3) sono legate da un evidente di connessione “di incompatibilità” logica, che, ancor di più, giustifica il ricorso al simultaneus processus.
Cassazione Civile, sez. VI, 7 settembre 2020, ordinanza n. 18546
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