Il Tribunale partenopeo si è soffermato sulla validità della clausola floor, affermando che “Dal punto di vista della meritevolezza ex se della causa della medesima e dell’intero contratto che la contiene, si ritiene comunemente che l’obiettivo della banca succitata non debba necessariamente essere controbilanciato da una c.d. clausola cap in forza dell’assunto per cui “La clausola floor costituisce una tecnica di determinazione convenzionale del tasso di interesse, inserita in un contratto di mutuo, la cui causa rimane il trasferimento di una somma di denaro e la sua remunerazione. La pattuizione sul tasso di interesse attraverso la clausola floor è dunque finalizzata a proteggere l’intermediario da una discesa dei tassi, con la sola finalità di garantire alla banca una remuneratività ritenuta ‘minima’ al finanziamento concesso, quale prezzo del proprio servizio. Ciò detto, l’inserimento all’interno di un contratto di mutuo di una clausola floor, con la quale viene introdotto un limite percentuale al di sotto del quale gli interessi dovuti non possono scendere, non comporta alcuna violazione dell’art. 1346 c.c., e l’oggetto del contratto rimane pertanto possibile, lecito e determinato (Tr. Ravenna, 30/12/2020, n.988)”.
Quanto alla possibilità di qualificare la clausola floor in termini di derivato implicito, il Tribunale ha rilevato che “La giurisprudenza, poi, è costante nell’escludere che la clausola floor inserita in un contratto puramente bancario (quale è un mutuo) possa essere classificata quale contratto derivato, non avendo quale finalità di realizzare un investimento, di gestire un rischio di cambio o dio speculare sul tasso di cambio di una valuta estera. In ossequio al prevalente indirizzo giurisprudenziale citato, si osserva che in presenza di un contratto di mutuo contenente una clausola floor, devono essere vagliati gli interessi concretamente perseguiti dalle parti con la stipulazione del contratto de quo, in particolare verificando se il contratto concluso costituisca un contratto di credito avente o meno finalità speculativa, o se si tratti di un contratto di finanziamento comportante un rischio finanziario. Ebbene nel contratto di finanziamento, in cui la banca abbia consegnato al cliente mutuatario una somma di denaro, e quest’ultimo si sia obbligato a restituirla in epoca successiva, con l’aggiunta della previsione di una remunerazione (per l’appunto il tasso) stabilita in contratto, anche ove sia presente una clausola floor non è possibile ritenere che in capo al cliente mutuatario vi fosse lo scopo di realizzare, con l’operazione bancaria, anche un investimento finanziario. In altri termini il trasferimento di un rischio, che è tratto caratteristico di contratto derivato, non è in alcun modo ravvisabile nello schema del contratto di mutuo con clausola floor…”.
Tribunale di Napoli, 30 giugno 2021, sentenza n. 6177
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